Gestire i processi automatizzabili

Come gestire i processi automatizzabili

Modificare la sequenza delle operazioni pianificate

Una volta individuati i processi che si possono automatizzare, davanti a noi, dovremmo avere, non solo, la sequenza delle operazioni da svolgere ma anche la relazione che ciascuna di esse ha con la precedente e con quella successiva.  

In alcuni casi, soprattutto quando si ha a che fare con i dati, si potrà apportare un significativo miglioramento al processo, semplicemente, modificando la sequenza delle singole operazioni pianificate in funzione di una serie di specifiche tecniche già ampiamente consolidate.

Le principali metodologie per gestire i processi automatizzabili

Vediamo, ora, con un maggior grado di dettaglio, quali sono le principali metodologie per gestire i processi automatizzabili.

Dividi et impera

Nella maggior parte dei casi, tendiamo a considerare una sequenza di processi come “un singolo processo”, sentendoci, spesso, costretti a doverlo iniziare e finire tutto in una volta. Niente di più sbagliato.

Prendiamo, ad esempio, l’analisi dei ricavi di una determinata attività. Scarichiamo una serie di dati (in formato excel o csv) dalle diverse piattaforme e li incolliamo su un altro file excel, facendo gli opportuni aggiustamenti, per poi produrre il risultato finale.

In realtà, questo processo, nel suo insieme, è costituito da una serie di tanti piccoli sotto-processi, che si possono automatizzare, ovvero:

  • Scaricare i dati dalle singole piattaforme;
  • Per ogni piattaforma, svolgere determinate operazioni ad esempio, convertire i ricavi da dollari in euro o dividerli per formato e/o origine;
  • Salvare questi dati in un repository dedicato che ci consenta di effettuare tutti i calcoli necessari;
  • Generare il file excel con i dati aggiornati.

In questo modo, abbiamo suddiviso un lungo e tedioso processo in una sequenza di processi che si possono automatizzare.

Push & Pull

Facendo sempre riferimento all’esempio precedente, immaginiamo di avere già predisposto la nostra automazione.

Oltreché garantire la correttezza dei dati elaborati, sarebbe opportuno fare i modo che, una volta completata tutta la sequenza di sotto-processi, le persone coinvolte nel processo vengano contestualmente avvisate, per consentire loro di prendere decisioni tempestive.

Ecco, questo tipo di segnalazione prende il nome di notifica push (la richiesta di invio viene generata automaticamente dal processo automatizzato), in pratica, come quelle che vediamo quotidianamente sui nostri cellulari, mentre l’avvenuta lettura della stessa da parte del destinatario, è una notifica pull (la richiesta ha origine dal destinatario).

Se possiamo recapitare o far produrre notifiche dagli esseri umani, con alcuni opportuni accorgimenti, sarà anche possibile fare in modo che i software, a seguito di una notifica push, eseguano una serie di operazioni pianificate.

Pensiamo, ad esempio, alla creazione o all’interruzione di campagne pubblicitarie in base ai dati raccolti, oppure ad un avviso automatico che crei automaticamente un serie di nuovi contenuti.

In altre parole, al fine di eseguire determinate operazioni, potremo ricevere ed inviare segnali codificati su canali specifici in funzione dei dati precedentemente raccolti ed elaborati.

Semafori

Sappiamo tutti come funziona un semaforo (almeno, si spera!): si passa con il verde, ci si ferma con il rosso.

Nella nostra sequenza di task per organizzare i dati statistici, è possibile fare in modo che l’esecuzione del processo si fermi o si avvii grazie ad un regolatore del flusso di operazioni. Ovvero, il nostro “semaforo”.  

In pratica, un qualsiasi elemento con due valori potrà essere considerato un semaforo: “start” e “stop”, o, più propriamente, “verde” e “rosso”.

Più precisamente, quando un processo (che, per semplicità, chiameremo “A”) è in fase di avvio, il semaforo impedirà automaticamente al processo successivo (“B”) di avviarsi (“rosso”). Una volta completato il processo “A”, il semaforo consentirà l’avvio del processo “B” (“verde”), che, a sua volta, impedirà che il processo “A” si riavvii (“rosso”) fino a quando il processo “B” non sarà stato completato

Code

Esistono due diverse tipologie di “code” per automatizzare i processi.

In Italia, ci sono sempre piaciute le code; ovunque siamo, cerchiamo di crearne una. Alle casse del supermercato, alle poste, a teatro, al cinema.

E funzionano tutte allo stesso modo: un processo esegue un’operazione, ad esempio, la cassiera che calcola il costo della spesa, l’impiegato che registra il bollettino postale.

Dall’altra parte, l’attore di turno paga la spesa o il bollettino ed ottiene una ricevuta: il suo ruolo nella coda è terminato.

Questa, è la prima tipologia di coda, spesso, utilizzata per raccogliere dati da fonti diverse.

Mettiamo in una coda gli elementi di base per raccoglierli oppure gli stessi dati. L’operatore che si occupa dell’inserimento procede con le sue operazioni (controlli, somme e via dicendo) e salva i dati.

Quando è necessario, così come accade nei supermercati, attiviamo tante code quanti caricatori servono per concludere tutto il processo, all’interno della finestra temporale a propria disposizione.

La seconda tipologia di coda è quella che, invece dei dati e di un “elaboratore di scodamento”, è caratterizzata da una serie di processi che effettuano operazioni distinte.

Tornando all’esempio descritto nel paragrafo “Dividi et Impera”, potremmo accodare i singoli processi di download e, solo alla fine, procedere con la creazione dell’elaborato finale.

Ogni processo lavorerà in maniera indipendente. Solo quando tutti i processi di download e modifica dei dati saranno completati, verrà eseguito il processo finale.

Catene

Concatenare i processi è una sorta di evoluzione delle code.

Il metodo è molto simile ma, in questo caso, abbiamo anche la possibilità di avere un segnale che ci tenga aggiornati sul risultato del processo.

Questo segnale verrà interpretato automaticamente per eseguire il processo successivo all’interno della catena.

Tale interpretazione dei risultati parziali ottenuti, consente di monitorare, nel suo complesso, l’elaborazione della catena, garantendo la cosiddetta “integrità minima dei dati o del processo”.

Individuare i colli di bottiglia

Cosa sono i colli di bottiglia? Non sono altro che un sovraccarico di operazioni da svolgere.

Abitualmente, facciamo riferimento al tempo, per renderci conto se c’è un collo di bottiglia in un processo: ad esempio, una delle risorse del team non è in grado di svolgere il compito assegnato nel tempo previsto. Ecco, questa risorsa non è altro che un collo di bottiglia.

In questi casi, è opportuno porsi delle domande:

  • La risorsa del team ha le competenze necessarie per svolgere quel tipo di lavoro o è costretta a rallentare perché ha bisogno di studiare il problema e le sue eventuali soluzioni?
  • La risorsa del team ha gli strumenti giusti per svolgere il proprio lavoro?
  • L’attività da svolgere è stata pianificata correttamente?

Su queste tre semplici domande, si basa anche il funzionamento di un software oppure di un hardware:

  • Si sta utilizzando il software giusto per svolgere un determinato compito?
  • L’infrastruttura hardware a disposizione è adeguata?
  • È stato pianificato correttamente l’effort necessario per svolgere quel determinato compito nei tempi prestabiliti?

Quante volte diciamo o sentiamo frasi del genere; “Dobbiamo caricare questi dati nel più breve tempo possibile”, “Dobbiamo analizzare questi report nel più breve tempo possibile”. Ecco, questo è il miglior modo di creare colli di bottiglia!

E se, invece, dicessimo: “Dobbiamo svolgere questo compito prima di iniziare l’altro

Mettere in relazione fra loro compiti e/o processi definirà automaticamente il tempo necessario per evitare i colli di bottiglia.

Isolando un processo, ovvero, non mettendolo in relazione con gli altri, si potrebbe, quasi, avere l’impressione che sia più importante di altri, quando, in realtà, sappiamo benissimo che non è così!

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