Rebranding di Twitter

Rebranding di Twitter: vince la confusione

Il Rebranding di Twitter, con il lancio dell’ormai famosa “X”, quali effetti ha prodotto? Elon Musk ha raggiunto i suoi obiettivi con questa mossa, quantomeno, azzardata? In questo articolo, proveremo a fare un primo bilancio dell’intera operazione, andandone ad analizzare pro e contro.

Rebranding di Twitter: cosa emerge da una prima analisi

È trascorso poco più di un mese dal Rebranding di Twitter. La “X” ha sostituito l’uccellino e sta diventando, giorno dopo giorno, un simbolo familiare ai tantissimi frequentatori della rete.

Al varo della nuova veste del social, Musk aveva motivato questa mezza rivoluzione con l’ampliamento del campo d’azione della piattaforma, strizzando l’occhio, soprattutto al mondo della finanza.

Da qui la definizione di App per tutto”. Ebbene i primi dati ci dicono che, al momento, non si possono esprimere valutazioni nette, da far gridare al successo o al disastro, tanto per intenderci.

Secondo fonti ufficiose fornite da Sensor Tower, i primi riscontri sono stati positivi in alcuni settori, negativi in altri. Sul piano dei ricavi, ad esempio, il segno è “+”. E qui, il balzo sembra essere, in termini numerici, del 25%, alimentato, prevalentemente, dall’utenza iOS. Nello stesso tempo, tuttavia, ecco il punctum-dolens: il generale calo di popolarità.

Ciò si è tradotto in una riduzione di utenti giornalieri (scesa al 4%) e di nuovi iscritti. A questo, si è anche aggiunta la perdita di posizioni della piattaforma nella top 100.

Il Rebranding di Twitter è scattato nel pieno della guerra tra Musk e Zuckerberg sfociata in un paventato duello diretto sottoforma di match. Poco prima dell’arrivo di “X”, Meta aveva lanciato una sorta di “Twitter per Instagram, firmato da Menlo Park e studiato per erodere utenti alla concorrenza.

Lo sbarco di “Threads” ha generato l’immediata reazione di Musk, con la censura mediante il blocco dei collegamenti esterni alla nuova piattaforma di Meta.

A quel punto, è partito un vero e proprio ring tra i due giganti del mondo digitale. Uno scenario muscolare per la leadership mondiale, che, ancora oggi, continua. Nelle ore successive al suo lancio, l’ultima creatura di Meta aveva fatto il boom, superando i cento milioni di iscritti.  

Rebranding di Twitter: confusione e disorientamento

Il Rebranding di Twitter al primo resoconto, dunque. Ma c’è un dato, tra quelli emersi, che fa riflettere, offrendo un’interessante chiave di lettura sul modo in cui è stata percepita questa novità dalla comunità della rete.

Prendendo in considerazione il mese in cui è stata lanciata “X”, il consenso generale registrato sulle altre app concorrenti è stato molto altalenante: una settimana sì, una settimana no. Un trend, questo, che testimonia la grande confusione derivante dall’introduzione del “nuovo Twitter“.

Una situazione, del resto, inevitabile quando, per lo stesso tipo di servizio, in poco tempo, si immettono sul mercato tante piattaforme simili (se non, identiche!). Malgrado sia sempre un bene l’ampliamento dell’offerta, in questo caso, è, soprattutto, il disorientamento a crescere esponenzialmente.

È molto difficile, infatti, cogliere una reale differenza tra app che hanno pressoché le stesse funzioni. Non basta, certamente, cambiare qualcosa qua o là. Le differenze non sono così rilevanti.  Il risultato è che le persone non sanno praticamente quale piattaforma scegliere.

Il tema non è affatto irrilevante, anche in funzione delle strategie di advertising. Analizzando, in particolare, l’attuale instabilità di Twitter, la sua forte crisi in termini di appeal e di flussi pubblicitari, con il 50% in meno di ricavi, ancor prima del Rebranding, viene da chiedersi: “Quanto senso ha ormai investire il proprio tempo, anche a fini promozionali, su questo social?”.


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