Questo non è il solito articolo che riscrive quello che è già stato scritto più che bene sui manuali di Google (ad esempio, qui, qui e qui). In realtà, fornisce una serie di best practice per sfruttare al meglio i dati, al fine di valorizzare il proprio business online e sbaragliare la concorrenza.
L’ID dell’utente perfetto
L’ID Utente non è solo un numero assegnatoci in fase di login, ma è una vera e propria informazione su cui gira tutto il business.
Quindi, bisogna pensarci bene prima di crearlo e riflettere sul fatto che è un dato da proteggere e preservare costantemente da abusi e furti.
Deve essere univoco, per non correre il rischio di avere ID uguali. Insomma, stiamo parlando di un bel problemino di matematica.
Dimmi da dove arrivi
Prendendo in considerazione le più grandi aziende .Com al mondo, scopriremo che l’ID Utente, fino a qualche tempo fa, era una stringa lunghissima, criptata.
Una volta decriptata, di solito usando una tabella di decodifica interna, è possibile accedere all’informazione relativa alla provenienza dell’utente, ovvero dove si è registrato: se dal sito, dall’email, dalla chat, da uno dei siti in white label e via dicendo.
Questa è una informazione che, da sola, non ha un gran significato. Eppure, guardandola da un altro punto di vista, ovvero in relazione al totale degli utenti, potrebbe fornire già un’idea precisa su quale è il prodotto più popolare di uno specifico business online.
Questo è un esempio di come gli ID non sono solo dei semplici numeri.
Un formato per mille usi
Oggi va di moda l’UUID, ovvero un identificativo univoco universale che è il giusto epilogo di una serie di azioni intentate per avere, finalmente, un ID univoco.
Dopo i primi tre tentativi (v1, v2 e v3), sembra che sia davvero possibile avere un sistema di generazione di ID che possa durare nel tempo.
Momento Nerd. Gli UUID sono stati standardizzati nell’RFC 4122, che spiega pregi e difetti del meccanismo di generazione e del formato.
Il risultato è una stringa di valori esadecimali separati in 5 gruppi da 8,4,4,4,12 caratteri, con i trattini così da avere una stringa da 36 caratteri. XXXXXXXX-XXXX-XXXX-XXXX-XXXXXXXXXXXX
L’UUID risolve bene il problema dell’unicità, ma non consente di aggiungere le nostre informazioni. Eppure, nessuno ci obbliga a mantenere l’UUID completamente illibato.
Possiamo aggiungere, ad esempio, all’inizio dell’UUID, un altro gruppo di caratteri, ovvero, un codice tutto nostro in esadecimale, in grado di rappresentare la provenienza della registrazione ed altre informazioni: XXXXXXXX-XXXXXXXX-XXXX-XXXX-XXXX-XXXXXXXXXXXX
Le informazioni che ci interessa integrare nel nostro UUID modificato, vanno scelte, però, con particolare attenzione. Scopriamo il perché.
Ma che c’entrano i miei utenti con Google Analytics?
Google Analytics lo usiamo tutti, sia per progetti corporate che per i blog personali. È uno strumento molto diffuso ma, paradossalmente, in termini di conoscenze tecniche dell’utente medio, c’è ancora molta strada da fare.
Una feature di Google Analytics troppo spesso sottovalutata è quella di poter condividere gli utenti registrati.
Questa funzionalità sblocca tutta una serie di informazioni fondamentali per gestire e valorizzare il proprio business online.
Vediamo quali sono le più importanti.
Segmenti
Dopo aver impostato Google Analytics in maniera tale da consentirgli di salvare gli ID, possiamo suddividerli in segmenti. Come sappiamo, i segmenti sono funzionalità che consentono di suddividere i dati dei visitatori di un sito web in gruppi più specifici. La procedura è descritta qui.
Per le nostre analisi, possiamo utilizzare modelli di segmenti preconfezionati oppure customizzare modelli di segmenti specifici. Anche questo è ben descritto qui.
Possiamo raggruppare in segmenti praticamente tutto ciò che si può misurare con Google Analytics.
Se, ad esempio, avessimo un E-commerce, potremmo creare un segmento per vedere quanti utenti hanno il carrello pieno ma non acquistano oppure creare un “segmento predittivo” per calcolare la probabilità che si verifichi un determinato evento, come, ad esempio, un acquisto, un abbonamento o una registrazione ad un servizio.
Una cosa importante da ricordare è che questo tipo di segmenti vengono condivisi con gli altri tool di Google, come Google Ads, Search Ads, Video e via dicendo.
Se, invece, avessimo un sito di notizie e contenuti, potremmo analizzare come gli utenti utilizzano i commenti, le condivisioni o, più in generale, quali sono le loro modalità di interazione.
Come già specificato precedentemente, è possibile, anche in questo caso, attivare i segmenti predittivi per capire se gli utenti sono interessati o meno ad un eventuale abbonamento premium.
Se ancora non dovesse bastare, si possono creare anche i cosiddetti “attivatori di segmenti” per mettere, in un segmento custom, utenti che utilizzano, ad esempio, un determinato sito web, oggetto delle nostre eventuali analisi.
Remarketing
Se possiamo creare un segmento con gli utenti che non acquistano i nostri prodotti, allo stesso modo, possiamo tranquillamente crearne uno con gli utenti che, invece, non li acquistano.
Inoltre, possiamo anche creare il cosiddetto “segmento di remarketing”, una feature, come vedremo tra poco, piuttosto delicata.
Quando creiamo un segmento per il remarketing su Google Analytics e lo mettiamo in condivisione con Google Ads, tale segmento, di solito, smette di funzionare.
Quindi, prima di fare esperimenti alla cieca, è meglio leggere la relativa documentazione, per evitare di fare danni.
È bello ciò che piace
Creando i segmenti di pubblico ed analizzando i relativi grafici e tabelle, si scopre qualcosa che può lasciarci di stucco: gli utenti non utilizzano quasi mai il sito nelle modalità preventivate.
Ci sono utenti abitudinari, che guardano sempre le stesse cose, ed altri visitatori, che navigano sul sito come se si fossero persi in un labirinto.
Una cosa è certa: il sito si deve adattare al comportamento degli utenti e non viceversa.
Queste funzionalità consentono di progettare il proprio sito web mettendo costantemente in evidenza cosa funziona e cosa non funziona, cosa valorizzare e cosa eliminare.
Non c’è spazio per fare ipotesi o test: sono gli utenti a decidere come si dovrà modificare e far evolvere il proprio sito web.
Tu non sei un utente qualsiasi
Una tendenza molto diffusa (è una cosa naturale, non c’è da preoccuparsi), è quella di idealizzare il comportamento dei propri utenti.
Questo approccio è senz’altro un errore, in quanto, sebbene noi siamo perfettamente in grado di stabilire il funzionamento del nostro sito web e, quindi, del nostro business online, la stessa cosa non si può certo dire per i nostri visitatori.
Ma la cosa più interessante è un’altra: alcuni gruppi di utenti utilizzano il sito in un modo mentre altri lo fanno in maniera del tutto differente.
Se, analizzando i segmenti di pubblico, dovessimo accorgerci dell’esistenza di questi specifici comportamenti, dovremo creare altri segmenti che raggruppino questi utenti.
Tutte queste informazioni aggiuntive non fanno altro che evidenziare che l’idea iniziale sulla quale un sito web è stato progettato si è trasformata e che il proprio pubblico spesso ama navigarci per motivi molto differenti.
Studiare il comportamento degli utenti, insieme ad una approfondita analisi dei commenti e delle recensioni, possono indurci a creare nuovi prodotti o servizi che, in gergo, si chiamano “ripples”, generando nuove fonti di ricavo, spesso piuttosto remunerative.
BigQuery Export
Poco fa, abbiamo parlato di ID Utente. Ebbene, è arrivato ora il momento di riordinare le informazioni descritte in precedenza e metterle in relazione con le cosiddette BigQuery.
Le BigQuery sono, probabilmente, la funzionalità più importante di Google Analytics. Vi si può accedere solo attraverso la Marketing Platform.
È proprio in questo specifico contesto che si può prendere coscienza delle incredibili potenzialità degli User ID in Google Analytics e negli altri tool della Marketing Platform.
Una volta impostato il progetto di utilizzo della BigQuery con i dati di Google Analytics, si avrà la possibilità di segmentare il pubblico in funzione dei propri specifici obiettivi, fino ad arrivare ad utilizzare tutte le funzionalità del Machine Learning (grazie al BigQuery per il ML), impostando, ad esempio, un’analisi previsionale delle vendite mediante le cosiddette regressioni.
Non c’è davvero nulla da sviluppare da zero, in quanto sono tutte funzionalità già incluse nei tool ML di BigQuery.
Dalla massa di utenti alle masse di utenti
Fare le query su BigQuery è semplice, la parte complicata è sapere cosa metterci dentro.
Facciamo un esempio, prendendo in considerazione una gelateria.
Abbiamo inaugurato la nostra gelateria mettendo a disposizione dei clienti quattro gusti: cioccolato, zabaione, limone e fragola.
La nostra gelateria si trova in Via Bianchi, a ovest c’è Piazza Verdi con un parco piuttosto alberato, tante panchine e fontanelle, ad est abbiamo Piazza Rossi, sempre assolata con una fontana e quattro panchine al sole.
Le nostre analisi ci dicono che, se i clienti arrivano da est o da ovest, possiamo ricavare il sesso e la fascia d’età d’appartenenza.
Dopo una prima fase di raccolta, avremo abbastanza dati per stabilire quanto segue:
- Gli utenti di età 13-20, sia maschi che femmine, rappresentano il 17% del totale e, sia che arrivino da est che da ovest, prendono, nell’80% dei casi, un gelato alla fragola e limone;
- Gli utenti di età 20-35 maschi che arrivano da est sono l’8% e prendono, nel 76% dei casi, un gelato con solo limone;
- Gli utenti di età 20-35 maschi che arrivano da ovest sono l’8% e prendono, nel 68% dei casi, un gelato con fragola e cioccolato;
- Gli utenti di età 20-35 femmine che arrivano da est sono l’8% e prendono, nel 76% dei casi, un gelato con solo limone;
- Gli utenti di età 20-35 femmine che arrivano da ovest sono il 10% e prendono, nel 73% dei casi, un gelato con zabaione e cioccolato;
- ….
E potremmo, ovviamente, andare avanti.
Prendendo in considerazione questo esempio, è piuttosto chiaro che l’obiettivo non è quello di considerare la massa degli utenti come un unico insieme di soggetti ma, piuttosto, grazie ad un utilizzo puntuale di Google Analytics e ad una attenta strutturazione degli ID Utente, segmentare l’insieme degli utenti in gruppi che abbiano le medesime esigenze e, di conseguenza, adattare il proprio business in funzione delle loro specifiche caratteristiche.
Fare la spesa per quel che mangiamo
Analizzando in maniera puntuale il comportamento dei propri utenti, è possibile reperire anche una serie di informazioni sugli investimenti da effettuare per ottimizzare il proprio business.
Anche in questo caso, facciamo un esempio. Consideriamo un sito di news. Dalle analisi effettuate, scopriamo che il mercoledì ed il giovedì gli utenti di sesso maschile non sono così numerosi come gli altri giorni della settimana.
Questo significa che è del tutto inutile spendere denaro per creare e pubblicare contenuti a loro dedicati in quei giorni.
Dopotutto, un soldo risparmiato è pur sempre un soldo guadagnato.
Vuoi sapere come distinguere gli utenti registrati da quelli non registrati su Google Analytics? Vuoi sapere come utilizzare le BigQuery della Marketing Platform di Google? Contattaci per maggiori informazioni!