Brand Journalism

Come valorizzare un marchio con il Brand Journalism

Qualcuno potrebbe anche obiettare che i due elementi lessicali di “Brand Journalism” siano, praticamente, l’uno il contrario dell’altro. Il Giornalismo, quello “vecchia scuola”, che fino a qualche tempo fa, la maggior parte dei quotidiani italiani riusciva a produrre, era fondato essenzialmente sulla capacità di raccontare una storia oppure, più semplicemente, un evento in maniera approfondita ed obiettiva.

Poi, le cose sono cambiate radicalmente e, anche i quotidiani, oltre ad una miriade di “finte testate giornalistiche” sparse per il web, hanno cominciato a fare promozione per i brand, spacciandola per “giornalismo di qualità”. Ecco, per comprendere cosa sia realmente il Brand Journalism, probabilmente, è meglio partire da cosa non è.

Cos’è il Brand Journalism?

Cos’è il Brand Journalism?

Il Brand Journalism non racconta storie per promuovere i prodotti o servizi di un brand ma, piuttosto, lo fa per evidenziare ed approfondire i valori fondamentali intorno ai quali quest’ultimo ruota e da cui trae costantemente ispirazione per portare avanti il proprio business.

In tempi in cui l’AI Generativa sta, ormai, prendendo il sopravvento (secondo un’indagine globale di Journalismai.info, circa il 90% dei giornalisti intervistati ha dichiarato di servirsi dell’Intelligenza Artificiale per produrre le proprie news), creando solo apparentemente una grande competizione fra i professionisti del settore, la capacità di far emergere e valorizzare il “contesto” in cui opera un determinato brand, rappresenta, forse, il miglior modo per coinvolgere intimamente il proprio pubblico.

È bene non dimenticare mai, infatti, che, non solo per il crawler di Google, ma anche per le persone in carne ed ossa, il primo e più importante criterio di valutazione di un contenuto, è la sua capacità di informare.

Le principali differenze fra Brand Journalism e Copywriting

Quante volte vi siete imbattuti in articoli ben scritti, centrati, anche efficaci, ma assolutamente privi di quel “quid” in grado di farvi totalmente immedesimare in ciò che leggete e di incuriosirvi, a tal punto, da spingervi ad approfondire? Troppe volte.

In altre parole, un copywriter, seppur esperto, non potrà mai cimentarsi nel Brand Journalism senza aver sviluppato adeguate competenze verticali su uno specifico settore, mentre, un Brand Journalist dovrà necessariamente conoscere anche le principali tecniche del copywriting per svolgere nel migliore dei modi il proprio lavoro.

E, con questo, non voglio certo sottendere che il Copywriting sia una disciplina di serie B, tutt’altro, ma solo che il Brand Journalism è una professione molto complessa, che non lascia spazio all’improvvisazione. Anzi, si potrebbe quasi dire, che il Brand Journalism sia la perfetta antitesi di quella sana e profittevole “improvvisazione creativa” di cui il Copywriting non può, di certo, fare a meno.

Le principali differenze fra Brand Journalism e Content Marketing

Pur essendoci alcuni punti di contatto, a differenza del tradizionale Content Marketing, il Brand Journalism ha una marcia in più: non si concentra, infatti, esclusivamente sulla promozione di prodotti o servizi ma, piuttosto sulla creazione di contenuti di qualità in grado di evidenziare mission e valori aziendali di uno specifico brand.

In altre parole, pur facendo parte della “grande famiglia” del Content Marketing, il Brand Journalism raggiunge i propri obiettivi ponendo l’accento su aspetti, apparentemente, meno persuasivi ma, senz’altro, in grado di coinvolgere e sensibilizzare ancora più intimamente uno specifico target di riferimento

Una fra le più interessanti e vantaggiose strategie per ingaggiare proattivamente il proprio pubblico, consiste, infatti, proprio nell’utilizzo congiunto di contenuti persuasivi (Content Marketing) e di approfondimento (Brand Journalism) in maniera omogenea e strutturata, al fine di creare topic che sappiano incuriosire ed informare i visitatori a differenti livelli.

Un potenziale cliente, con una specifica esigenza, a seguito di una serie di ricerche informazionali sul web, potrebbe, infatti, imbattersi, non solo, in contenuti che rispondano sinteticamente alle sue domande (“Cos’è?”, “A cosa serve?” “Come si usa?”) ma anche in approfondimenti più verticali sul contesto di riferimento in cui si opera (“Perché lo facciamo?”, “In cosa crediamo?”, “Come lo facciamo?”).

Sebbene, quest’ultima, sia senz’altro una tipologia di contenuti piuttosto utile in generale, è pur vero che, in determinati contesti, ad esempio, quelli più competitivi, potrebbe rivelarsi, addirittura, indispensabile.

Brand Journalism: una grande opportunità per le imprese

Brand Journalism: una grande opportunità per le imprese

Perché un’azienda dovrebbe investire tempo e risorse in una strategia come Il Brand Journalism?

Alla fine, come dicevamo, è pur sempre una disciplina “complessa” e, piuttosto, “costosa”, che non porta risultati nell’immediato. Per fare “Giornalismo d’impresa”, infatti, è importante, prima di tutto, crederci. Come ha fatto, ad esempio, l’azienda di pneumatici francese “Michelin”, quando, nel lontano 1900, decise di lanciare la ben nota “Guida Michelin”.

Sebbene la “Guida Michelin” fosse stata inizialmente concepita come uno strumento per valorizzare e far crescere il mercato dei pneumatici (era una sorta di mappa con una lista aggiornata di stazioni di servizio, aree di sosta, officine e gommisti), con il progressivo sviluppo del settore della ristorazione (negli anni ’20), ha cambiato pelle.

Oggi, è universalmente riconosciuta come “l’annuale guida rossa dedicata al turismo e alla gastronomia” ma la vendita di pneumatici della Michelin non sembra, in ogni caso, aver subito contraccolpi. Tutt’altro!

Insomma, se dovessi cambiare le gomme della mia auto, potrei decidere di optare per pneumatici Michelin solo in funzione della mia preziosissima collezione di “guide rosse” posizionate in bella vista in soggiorno.

Sto, ovviamente, esagerando ma non è escluso che il processo mentale che, spesso, si innesca nella maggior parte dei consumatori sia proprio questo. Se non a fidarmi “a scatola chiusa”, tutto ciò potrebbe spingermi, almeno, ad approfondire e a cercare maggiori informazioni sullo specifico prodotto che voglio acquistare.

La storia della “Guida Michelin” è soltanto un esempio. Eppure, se non altro, ci aiuta a comprendere quali sono le reali potenzialità del “Giornalismo d’impresa”: praticamente infinite!

Brand Journalism: i principali benefici per le aziende

I principali benefici per le aziende

Sebbene i potenziali benefici per le aziende che decidono di avvalersi del Brand Journalism come strumento per valorizzare il proprio marchio siano davvero molteplici, abbiamo provato ad evidenziare quelli che, a nostro avviso, sono i più importanti: 

  • Aumento della Brand Awareness;
  • Miglioramento della reputazione aziendale;
  • Generazione di traffico organico;
  • Coinvolgimento del pubblico;
  • Differenziazione dalla concorrenza;
  • Costruzione di relazioni;
  • Espansione dell’audience.

Vediamoli, nel dettaglio.

Aumento della Brand Awareness

Come qualcuno di voi avrà senz’altro già capito, il Brand Journalism è, soprattutto, un prezioso strumento per accrescere la consapevolezza dei consumatori nei confronti di un brand (Brand Awareness).

In un articolo pubblicato qualche tempo fa su queste pagine, avevamo analizzato le principali fasi di una Branding Strategy di successo, evidenziando il fatto che il suo approdo più naturale fosse quello di intervenire sulla percezione complessiva che i consumatori hanno di un determinato brand.

Al di là della qualità dei prodotti o servizi commercializzati, in tempi in cui la concorrenza si sta facendo progressivamente sempre più feroce, il vero punto di svolta è rappresentato dalla capacità di un brand di insinuarsi omogeneamente nelle vite delle persone, mettendo a fattor comune, con naturalezza e trasparenza, una serie di valori in cui queste ultime possano immedesimarsi.

È importante, inoltre, sottolineare che questi “valori condivisi” possono essere più o meno connessi con i processi produttivi di una determinata azienda. In altre parole, comunicare la propria sensibilità nei confronti di tematiche di grande importanza, quali, ad esempio, la sostenibilità ambientale, l’inclusione sociale e la parità di genere, oppure raccontare, senza filtri, la propria storia, le propria diversità e le proprie esperienze personali, sono incentivi, senz’altro, molto rilevanti, in virtù della loro capacità di assottigliare sensibilmente il divario spesso esistente fra aziende e consumatori.

Miglioramento della reputazione aziendale

Vi siete mai ritrovati ad acquistare un prodotto o un servizio, senza preoccuparvi (entro certi limiti) della cifra che avreste dovuto spendere?

Ecco, al di là dei “soliti” grandi ed iconici marchi internazionali, che hanno costruito le proprie fortune in decenni di duro lavoro (ed oggi, almeno in parte, vivono di rendita), la maggior parte degli imprenditori, prima che con i loro “sensazionali” prodotti, per sbaragliare la concorrenza, devono conquistare la fiducia dei clienti, dimostrandosi esperti conoscitori di uno specifico settore di riferimento. È qui che entra in gioco il Brand Journalism.

Attraverso la produzione di contenuti approfonditi e, soprattutto, imparziali, è, infatti, possibile migliorare significativamente la percezione complessiva che i consumatori hanno di un determinato marchio, spingendo questi ultimi a fidarsi (quasi “ciecamente”) delle informazioni fornite.

Ritrovarsi a consigliare un prodotto (ad esempio, sul proprio sito web oppure, più semplicemente, mediante uno specifico messaggio promozionale), non sarà più visto come uno sfacciato tentativo di accaparrarsi un nuovo cliente, ma, piuttosto, come un lodevole contributo di un “esperto del settore” per risolvere una specifica esigenza.

In altre parole, la capacità di analizzare, in maniera trasparente ed obiettiva, quali sono gli elementi distintivi e le potenziali criticità di uno specifico settore di riferimento – proponendosi, indirettamente, come una realtà in grado di gestirle – contribuisce ad ampliare progressivamente la credibilità e l’autorevolezza di un marchio, con effetti significativi anche sul ROI (Return On Investment).

Generazione di traffico organico

Sebbene non esistano regole precise a riguardo, è indubbio che i contenuti più lunghi abbiano maggiore probabilità di essere ben posizionati sui motori di ricerca. Eppure, rischiando, quasi, di contraddirci, un buon posizionamento di un articolo ha davvero poco a che fare con la sua “lunghezza in senso stretto”. Mi spiego.

L’obiettivo è, piuttosto, quello di soddisfare al meglio le “ricerche informazionali” degli utenti, mettendo a loro disposizione contenuti, oltreché pertinenti, anche e soprattutto, approfonditi. Questo genera un incremento sostanziale dei loro tempi di permanenza su un determinato articolo, ovvero, incide in maniera significativa sulla durata media del loro coinvolgimento e, quindi, in ultima analisi, sul posizionamento di quello specifico contenuto in ottica SEO (Search Engine Optimization).

Con queste premesse, risulta piuttosto evidente che un contenuto creato seguendo le tecniche del Brand Journalism (accuratezza, trasparenza, imparzialità) potrebbe potenzialmente rappresentare il cuore pulsante di una Content Strategy di successo, costituendo una sorta di efficace “Pillar Page” (o contenuto pilastro) verso cui rimandino una serie di contenuti accessori o, più semplicemente “di contorno”, in grado di fornire informazioni più puntuali e specifiche su un determinato topic.

Coinvolgimento del pubblico

Le storie autentiche, rilevanti e coinvolgenti sono, senz’altro, un ottimo strumento per attirare l’attenzione del proprio pubblico di riferimento. È ormai assodato che, concentrarsi esclusivamente sul prodotto, tranne rarissime eccezioni, potrebbe addirittura rivelarsi controproducente.

Un caso di successo, a mio avviso, davvero significativo, è, ad esempio, il progetto “Accademia Barilla” (“il luogo dove cultura e cibo si alimentano a vicenda”), con il quale, la ben nota multinazionale italiana del settore alimentare, ha messo in pratica, nel migliore dei modi, tutti i principali dettami del Brand Journalism, creando una fra le directory eno-gastronomiche più fornite ed approfondite del nostro paese.

Condividere “storie” su uno specifico settore (nel caso di Barilla, il “Food”), è uno strumento davvero molto potente per stabilire una connessione intima ed emotiva con il proprio target di riferimento. Questo coinvolgimento può, ovviamente, tradursi in interazioni, “passaparola” e condivisioni sui Social Media, contribuendo in maniera sostanziale, non tanto alla promozione di un brand (se non, indirettamente), ma, piuttosto, alla diffusione di un messaggio, condivisibile in generale, e non solo in funzione delle proprie specifiche preferenze di acquisto.

Provate a dare uno sguardo alla sezione “Chef’s Stories” di “Accademia Barilla”: vi sembrerà tutto molto più chiaro!

Differenziazione dalla concorrenza

Fare Brand Journalism, non è certo obbligatorio, ci mancherebbe. Non tutte le realtà imprenditoriali, infatti, si ritrovano a “combattere” (eh, sì, il termine è quello giusto!) quotidianamente contro decine e decine di agguerriti competitor in mercati altamente competitivi. Molte aziende operano senza particolari patemi in settori di nicchia, prosperando in funzione dell’insita diversità della propria specifica offerta commerciale.

Tutte le altre, invece, oltre a concentrarsi sul proprio prodotto, devono necessariamente puntare su una comunicazione che porti alla luce tutti i loro talenti inespressi, la loro identità e diversità, evidenziando aspetti del proprio specifico modo di affrontare il mercato, spesso, trascurati dalla maggior parte dei concorrenti.

Ecco, uno strumento davvero efficace per affrontare questa battaglia è rappresentato proprio dal “Giornalismo d’impresa”, mediante il quale, aziende di tutte le dimensioni possono rendere ancora più trasparenti i propri valori, condividendo con il proprio target di riferimento tutto il bagaglio di conoscenze di cui si fanno portatrici.

Insomma, l’obiettivo è uno ed uno soltanto: comunicare valori unici e positivi, sempre coerenti con lo stile e la filosofia aziendale.

Costruzione di relazioni

Le persone non comprano prodotti o servizi, ma relazioni, storie, magia”.

Seth Godin

È risaputo che il vero mantra del business contemporaneo è, soprattutto, riuscire ad escogitare una serie di strategie in grado di fidelizzare i propri clienti. Sebbene sia una pratica piuttosto sottovalutata, creare relazioni a medio e lungo termine può, infatti, incidere positivamente sui ricavi complessivi di una azienda.

In questo senso, strumenti, quali il Brand Journalism, possono senz’altro ricoprire un ruolo di primaria importanza, contribuendo a consolidare la mutua e durevole interazione fra cliente e consumatori.

La produzione di storie autentiche e coinvolgenti è, infatti, in grado di favorire una connessione più intima, emotiva e partecipativa fra le parti, spingendo il proprio target di riferimento ad immedesimarsi in ciò che una azienda racconta e rivela.

Ciò può trasformare dei semplici clienti in veri e propri promotori (attraverso il “passaparola”), a volte, inconsapevoli, di un brand, con ritorni senz’altro più che significativi sia in termini di Brand Identity che di Brand Awareness.

Espansione dell’audience

Ultimo, ma non per importanza, beneficio del Brand Journalism è rappresentato dalla sua intrinseca capacità di espandere l’audience di un brand, perché, al di là di tutto, ad interessarsi di uno specifico prodotto o servizio, ci si può anche arrivare senza farsi coinvolgere dai tradizionali strumenti di marketing.

Tornando all’esempio precedente, quando parlavamo di “Accademia Barilla”, potrei decidere di acquistare i prodotti della multinazionale italiana del settore alimentare solo dopo aver provato a cimentarmi, ad esempio, con una delle numerose ricette riportate sul suo sito web.

Insomma, in altre parole, le storie autentiche e trasparenti, oltreché i contenuti pertinenti, informativi e di qualità, sono potenzialmente in grado di attrarre un pubblico ancora più ampio ed eterogeneo, compresi coloro che potrebbero non essere stati inizialmente conquistati dai prodotti o servizi di una determinata azienda.

Ovviamente, le storie da raccontare dovranno essere selezionate con cura, al fine di mettere a disposizione del proprio pubblico tutti gli strumenti necessari per addentrarsi intimamente in uno specifico settore di riferimento. Sebbene non tutti si chiamino Barilla, con il giusto approccio e la giusta dedizione, i risultati non tarderanno ad arrivare.

Brand Journalism: conclusioni

Conclusioni

A differenza del marketing tradizionale, che si concentra, soprattutto, sul prodotto (e, nel migliore dei casi, sulla soddisfazione dei clienti), il Brand Journalism ha come obiettivo primario quello di promuovere i valori e la mission aziendale, coinvolgendo il proprio target attraverso narrazioni autentiche, interviste, reportage, “storie di vita vissuta” ed approfondimenti su uno specifico settore di riferimento.

Sebbene debba essere necessariamente integrato in una più ampia strategia di valorizzazione del marchio, il Brand Journalism può rivelarsi uno strumento davvero molto prezioso per incrementare, come dicevamo, la consapevolezza dei consumatori e rafforzare l’identità aziendale, a condizione, però, che nulla venga lasciato al caso e che si stanzi il corretto budget per renderlo davvero efficace.


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