I successi e i fallimenti del Rebranding

Rebranding, tra nuovi look, successi e fallimenti

Prosegue il Rebranding dei grandi marchi internazionali. Recentemente, anche “Welcome Travel Group” ha presentato il suo nuovo look, rinnovando i loghi della società e dei partner collegati. In questo articolo, scopriremo quali sono stati i successi e i fallimenti del Rebranding di alcuni famosi marchi internazionali, analizzando le diverse strategie adottate.

I successi e i fallimenti del Rebranding: una scelta rischiosa ma affascinante. Ecco perché

È inutile girarci intorno: il Rebranding è un’operazione molto delicata, dall’esito incerto. Può, infatti, rilanciare oppure penalizzare l’immagine di una società, con inevitabili ricadute anche sul piano economico.

Ultimamente, è stato il popolare network di agenzie di viaggi del gruppo Alpitour e Costa Crociere, Welcome Travel Group, a sottoporsi ad un profondo restyling.

L’iniziativa è stata portata a termine per rilanciare il brand con una veste più moderna, chiara e in sintonia con le nuove esigenze del panorama digitale.

Il lavoro non è stato affatto facile, soprattutto per l’esigenza di far coesistere le differenti anime del gruppo, mantenendo, comunque, i valori comuni che stanno alla base dell’attività. Particolarmente interessante, si è rivelata, a tal proposito, la scelta di rappresentare graficamente (oltre che con i marchi) gli azionisti Alpitour e Costa Crociere.

Il Rebranding è sempre un’alchimia, che può rivelarsi vincente, a condizione che si realizzi la giusta miscela degli elementi. Un mix sempre complesso, che deve tenere conto del DNA del brand, della mission, strettamente connessa al target di riferimento, e della sua tradizione.

Pur essendoci linee guida e best practice di riferimento per realizzare al meglio quest’attività, non esiste la ricetta perfetta e valida in assoluto. Non a caso, la linea che separa il successo dal fallimento è molto sottile.

Lo dimostrano una serie di esempi concreti. A rinnovi visivi di grande richiamo, come quelli di Pepsi, Nesquik, Nielsen IQ e US Army, si contrappongono scenari molto meno entusiasmanti. Il riferimento, in questo caso, è al nuovo design del logo Kraft nel 2009, che subì molte critiche ed osservazioni.

Dieci anni prima, anche al celebre marchio gastronomico “Pizza Hut” toccò la stessa sorte, in particolare, quando si decise di ritoccare una veste grafica nata negli anni Sessanta. Per non parlare, poi, dell’iniziativa della casa automobilistica coreana Kia nel 2021.

Rebranding troppo fantasiosi? Meglio rispettare la tradizione

L’esperienza insegna che, spesso, Rebranding troppo radicali non si rivelano così efficaci come si potrebbe pensare. I flop più clamorosi ne sono una chiara dimostrazione.

Quando ci si spinge eccessivamente oltre la tradizione, andando a ricreare da zero l’identità di un brand consolidato, il rischio è davvero molto elevato. E, a volte, non basta neppure essersi affidati a veri professionisti del settore.

Ciò accade perché l’identificazione, per decenni, di un logo con una immagine già apprezzata dalla generalità dei consumatori, crea una piacevole abitudine nella mente delle persone.

Si tratta di quel legame emotivo che non ha una vera e propria spiegazione razionale, rientrando, invece, nel contesto magnetico di una sensibilità difficile da cambiare. Compito di un logo è quello, infatti, di rendere riconoscibile un determinato marchio rispetto agli altri.

Quando la propria base di clienti ha già fornito, negli anni, riscontri molto positivi e affidabili, sembrerebbe, quindi, molto più redditizio modificare piuttosto che ripartire quasi da zero.

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