La seconda vita del giornalismo d'impresa

La seconda vita del giornalismo d’impresa

Fare Giornalismo d’Impresa, ovvero, raccontare storie per promuovere i valori e la mission aziendale di un brand, è, oggi, una sfida più che una semplice opportunità.

L’AI Generativa ha, infatti, completamente rivoluzionato le nostre vite, mettendo a disposizione di professionisti di ogni ordine e grado un grande potere ma, anche, enormi responsabilità.

Sebbene servirsi di uno strumento in grado di ridurre al minimo l’ossessivo ripetersi di tutta una serie di attività manuali sia senz’altro un passo verso il futuro, fidarsi ciecamente degli output prodotti da una Intelligenza Artificiale senza avere una adeguata conoscenza del topic di cui si vuole parlare, potrebbe rivelarsi una scelta davvero molto rischiosa.

In questo senso, il Brand Journalism in virtù della sua capacità di approfondire e contestualizzare i valori su cui un determinato brand ha puntato per far crescere il proprio business, potrebbe rappresentare un momento di svolta per tutte le strategie di Digital Marketing costruite intorno ai contenuti.

Il Brand Journalism ha radici antichissime ma, solo in questi ultimi anni, sta davvero prendendo piede. Le aziende hanno bisogno di nuovi strumenti per differenziarsi e comunicare “intimamente” con il proprio target di riferimento.

Parliamoci chiaro: nessuna Intelligenza Artificiale potrà mai completamente sostituirsi al certosino lavoro di un giornalista in carne ed ossa, in grado di raccontare, non solo, i fatti (ci mancherebbe) ma, anche, di interpretarli correttamente in funzione degli specifici obiettivi aziendali da raggiungere.

Giornalismo d’impresa: competenze e consapevolezza

Ma non è tutto oro quello che luccica. Ci sono, infatti, due ordini di problemi. Da una parte, le competenze dei professionisti che decidono di cimentarsi nel Giornalismo d’impresa e, dall’altra, la (spesso) scarsa consapevolezza delle aziende che vogliono servirsene.

Il Brand Journalism è una strategia di ingaggio e coinvolgimento dei propri clienti indubbiamente molto costosa, che porta a risultati tangibili e duraturi nel tempo in maniera piuttosto graduale. Insomma, per fare Giornalismo d’Impresa (e questo vale sia per un giornalista che per un brand) bisogna, prima di tutto, crederci.

A condizione che venga fatto un buon lavoro (cosa tutt’altro che scontata!), che rispecchi in maniera chiara e trasparente la mission e i valori fondamentali su cui far leva, i benefici a medio e lungo termine del Brand Journalism sono praticamente certificabili.

Parafrasando l’incipit di un ben noto telefilm degli anni ‘60, il Giornalismo d’Impresa può davvero “arrivare là dove nessun uomo è mai giunto prima”, generando un intimo coinvolgimento dei propri clienti (potenziali o già acquisiti), che lo crediate o no, senza necessariamente chiamare in causa la specificità della propria offerta commerciale.

Canali digitali o tradizionali?

Canali, per certi versi, piuttosto “superati”, come, ad esempio, i magazine cartacei o gli stessi quotidiani (magari, mediante una specifica rubrica settimanale), se sfruttati al meglio delle loro possibilità, possono, senz’altro, rappresentare strumenti privilegiati per promuovere ed evidenziare mission e valori aziendali.

L’importante è mantenersi sempre all’interno della propria area di interesse, evitando di trasformare un accurato ed approfondito Branded Content in un insignificante publiredazionale da quattro soldi.

Grazie al Brand Journalism di qualità, moltissime pubblicazioni settimanali o mensili cadute quasi in disgrazia (potrei citarle, ma ve lo risparmio!) potrebbero, finalmente, ritrovare un po’ di sana motivazione, riscoprendo il valore di comunicare ed informare in maniera professionale ed approfondita.

Al di là della “carta stampata”, i cui progetti di qualità si contano davvero sulle dita di una mano (forse, due), sono, soprattutto, i canali digitali ad offrire immense opportunità al Giornalismo d’Impresa e, quindi, alle aziende, sia in termini di differenziazione dalla concorrenza che di espansione dell’audience. Gli strumenti a disposizione sono davvero molteplici: dal “classico” blog alle newsletter tematiche, passando per i podcast ed i magazine online.

Giornalismo d’impresa: da dove iniziare?

Il primo passo per approcciarsi al mondo del Giornalismo d’Impresa è la creazione di una community di persone accumunate dagli stessi interessi. Per far questo, la via preferenziale è, senz’altro, quella di lanciare una newsletter tematica, che vi consentirà di testare la vostra strategia e di costituire l’ossatura del vostro futuro progetto editoriale, senza necessariamente stanziare budget significativi.

Una volta consolidata la vostra audience, potrete procedere in due modi: creare un magazine online (ma distinto dal vostro blog aziendale) oppure pianificare il lancio di una vera e propria rivista digitale, scaricabile in formato .pdf ed eventualmente stampabile in più copie.

La newsletter tematica che avete creato precedentemente non verrà accantonata ma, piuttosto, cambierà la propria destinazione d’uso, trasformandosi, da “primordiale” contenitore di contenuti, in un mezzo per promuovere efficacemente il vostro prodotto editoriale.

Ad esempio, potreste inserire, in ciascun episodio della newsletter, una sintesi ragionata, ovvero, un assaggio dei contenuti appena pubblicati sul magazine online oppure sulla vostra rivista digitale per invogliare i potenziali lettori ad approfondire il tema trattato. In alternativa, oltre ad una preview dell’articolo pillar appena pubblicato, potreste includere anche una serie di contenuti aggiuntivi che ne completino o, meglio ancora, ne amplifichino il messaggio.

Conclusioni

Dimostrare sincerità e trasparenza nella vita di tutti i giorni è già piuttosto sfidante, figuriamoci in un contesto professionale! Eppure, il Brand Journalism non ha vie di mezzo. Per riuscire a sfruttarne le grandi potenzialità, bisogna essere disposti a rivelarsi, evidenziando aspetti inesplorati della propria quotidianità lavorativa.

Come dice il ben noto scrittore e imprenditore statunitense Seth Godin, “Le persone non comprano prodotti o servizi, ma relazioni, storie, magia”. Come dargli torto? In altre parole, i consumatori cercano esperienze, amano le storie e, spesso, tendono ad immedesimarsi in quelle degli altri.


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